martedì 12 aprile 2016

Pesto di asparagi




Dopo l'interminabile lista delle cose che non mangio, perché sono la Signorina No, finalmente vi confesso che il pesto è qualcosa che sì, mi piace e che faccio volentieri. 
Esistono un'enormità di pesti differenti. 
A parte il mondialmente famoso pesto alla Genovese, quello alla Siciliana e la sua variante Trapanese, ne esistono di gustosi, colorati e originali. 
Ci vuole una base che puo' essere la rucola, i pomodorini, olive, poi la frutta secca come i pinoli oppure i pistacchi o le mandorle e un formaggio come il pecorino o ricotta di mucca. Per ultimo, un profumo come la salvia, il basilico o la menta.
Le varianti sono infinite e arriverò ad incrociarle tutte, a sperimentare con alambicchi e dosi al grammo. 
Mi vedo con il camice bianco, in una cantina di notte, a creare Frankpestostein e al mio pesto batterà un cuore vero, ah-ah-ah-ah (risata maligna).
Per ora vi propongo l'ultimo arrivato in casa Miele&Ricotta, da provare con la pasta ma anche con il pane abbrustolito.
Le dosi sono quelle create a mio gusto e somiglianza, ma naturalmente possono variare aumentando, diminuendo, omettendo. Unica nota, non esagerate con l'aglio, che va bene che scaccia i vampiri ma pure l'uomo della vostra vita, due passi correndo se li fa.
Vi lascio la ricetta e vado a concepire nuovi sapori.
Ah-ah-ah-ah.
E sparisco nel buio della cantina.


Pozione per pesto di asparagi verdi:
250g asparagi verdi
1 pizzico di sale
1 pizzico di zucchero
30gr pinoli
50g parmigiano reggiano
1 spicchio d'aglio piccolo
olio EVO, sale, pepe 



Lavare gli asparagi, tagliare la parte legnosa, tagliarli in tre e cuocerli per circa 10min in acqua bollente con un pizzico di sale e uno di zucchero.
Scolarli e lasciarli sotto il getto dell'acqua ghiacciata per conservare il colore vivo.
Asciugarli molto bene con carta da cucina.
Unire nel mixer i pinoli, il parmigiano grattugiato, l'aglio e gli asparagi e frullare con l'aiuto di un filo d'olio fino ad ottenere una crema omogenea. Correggere di sale e completare con una macinata di pepe.






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martedì 24 febbraio 2015

Confettura banana e rum e...il virus africano


Tre considerazioni in un post.

Se siete nati negli anni '70, anche voi, son sicura, avete tolto le estremità della banana per non rimanere immobilizzati dal virus africano che si annidava sulle punte. 
Intorno a questi anni, si sparse la voce che mangiare la banana per intero, poteva essere pericoloso. Si parlava di batteri nocivi accumulati, uova di insetti e germi alieni che ti paralizzano il sistema nervoso. Io avevo una decina di anni e, neanche a dirlo, questa notizia mi colpì molto. Così tanto che non ho mai più mangiato le punte alle banane. Quando oggi mi capita di vedere qualcuno che la sbuccia e il primo morso è spassionatamente dedicato ai primi 3 cm di punta, ho un sussulto al cuore. Per qualche secondo lo guardo in faccia per assicurarmi che la sua espressione non abbia una paresi.
Sembra che sia una mezza bufala o comunque una notizia partita con un fondo di verità e poi romanzata dal passa parola.
Oggi, con internet, se dicono che Albano è stato rapito, in poco tempo si viene a sapere se è una bufala o no. All'epoca invece c'era il pericolo che potesse trasformarsi e espandersi a livelli mondiali.

Proprio perché oggi è facile informarsi con un click, che non capisco come in tanti si ostinino a chiamare marmellata ogni cosa fatta con frutta e zucchero.
Io stessa, molto prima di aprire il blog, semplicemente ho cliccato su google "differenza tra marmellata e confettura" e non è un concetto difficile: la marmellata per una direttiva comunitaria dell'Unione Europea è solo ed esclusivamente di agrumi.
La confettura riguarda tutte le altre preparazioni: confettura di cachi, di fichi, di banane, di muschio dell'Amazzonia.
Dài, non è difficile.
Marmellata di arance, confettura di pomodori.
Marmellata di bergamotto, confettura di zucca.
Marmellata di pompelmo, confettura di melone.
Right?

Ultima considerazione: sono più una donna orientale che esotica ma la banana mi piace tanto. A parte il fatto che sia ricca di potassio, nelle preparazioni rende tutto più morbido e profumato. Muffins alla banana, pancakes alla banana, torte alla banana e da oggi, anche la confettura alla banana.
Togliete le punte però, che vi si paralizzano gli ospiti.
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martedì 23 dicembre 2014

Mousse di castagna



La ricetta è colpa della fissazione per le castagne che continuerò a cucinare fino all'ultima buccia che trovo al super.
Le trovo versatili e buonissime sotto tutti i loro aspetti.
Questa volta ci ho fatto una mousse che potrete fare con la confettura di marroni che vi è rimasta.
E se non vi è avanzata, andate a comprare la confettura di marroni Faugier se abitate al nord o quella di Bonne Maman che dovrebbe arrivare anche fino a Ragusa.
Se le trovate, il vostro mondo sarà in discesa: aggiungete panna montata, gelatina e il gioco è fatto.



Ricetta di Corinne Jausserand

Per 4 castagnofili

250 g crema di marroni
2 fogli di gelatina
200 ml panna da montare

La panna per montare deve essere freddissima, mettere anche le fruste e a ciotola nella quale sarà montata, in frigo per 1 oretta. Ammollare la gelatina in acqua fredda per 5 minuti. Far scaldare a fuoco molto dolce la crema di marroni, strizzare la gelatina e incorporarla alla crema tiepida mescolando molto bene. Versare la preparazione in una ciotola. Montare la panna a chantilly e unire la crema ormai intiepidita, mescolando delicatamente. Versarla in 4 verrine e lasciare in frigo per almeno 4 ore.



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lunedì 1 dicembre 2014

Vin Chaud e...maladetta neve







Inverno in Svizzera: fuori, per le strade le persone con cappelli, guanti e naso rosso camminano a 45 gradi per contrapporsi alla tramontana.

Donne con le stalattiti attaccate alle borse che portano a spasso cani imbalsamati dal freddo e bambini con salopettes imprigiona-movimenti. 

Vedo scene raccapriccianti di persone che passeggiano (si passeggiano!!), con temperature inferiori ai gradi di un abbattitore.

Sciatori che si divertono a sciare (si divertono!!!), bardati come Yeti e sorridono pure.
Vedo famiglie spendere milioni per attrezzature invernali, per pelle di foca, guanti di orso polare e stivali di pelo di Mammuth.
La mattina si vanno a fare una bella sciata, alle 11:00 un pranzo a base di formaggio e tricheco, poi una passeggiata rinfrescante a -15 gradi centigradi. 
Alle 18 ceni, alle 19 sei già a letto perché uscire dopo quest'ora vuol dire ibernarsi per sciogliersi ai primi di Maggio.
Se vai a dormire con la neve che scende, sai già che il giorno dopo devi spalare il sentiero dal portone allo sportello della macchina, togliere il manto bianco da tettino e parabrezza, raschiare l'eventuale ghiaccio e rivolgerti a San Bernardino che ti faccia superare la giornata.
Ma io mi domando e dico.
Al mare indossi costume e pareo comprato per due lire in spiaggia. La sera esci con un abitino di veli, ti fai due spaghi allo scoglio e abbronzata e rilassata ti guardi le stelle del firmamento mangiandoti un gelato.
Caro sciatore dei miei infradito, tu che hai il viso color aragosta contrapposto al bianco latte del contorno occhi. Tu che per far pipì devi organizzarti 15 minuti prima, tu che ti rompi braccia e gambe per sciare: ma cosa sei, masochista? Ti manca affetto umano? Quale mancanza psicologica possiedi per divertirti in un posto dove si cristallizza anche la saliva in bocca?
Noi due potremmo incontrarci solo al bistro, davanti ad un bicchiere di vino caldo e spezie. Forse è l'unica tua occasione per riflettere sulle tue passioni e forse l'unico modo per capire che la sola cosa bella del tuo mondo ghiacciato è questa ricetta.

Qui si chiama vin chaud (pron: ven chò) e si tratta di un vino rosso con carattere, cotto con le spezie, qualche agrume e zucchero. L'agrume disinfetta, lo zucchero aumenta la gradazione alcolica e l'alcool riscaldato dilata i vasi sanguigni donando una piacevolissima sensazione di calore che purtroppo dura solo qualche decina di minuti ma vi assicuro che è utilissima per allungarvi la vita.
Il profumo che sprigiona è dolce, fruttato, caldo, speziato e intensissimo: una manna per anima e corpo.
Ne vado matta anche se...un bel gelatone da 4 euro...




La mia ricetta antifreddo per 4/5 bicchieri:



1,5 l di vino rosso (bordeaux, bourgogne o pinot noir)

250 g di zucchero di canna

1 scorza di limone
1 scorza d'arancia
2 bastoncini di cannella
2 anice stellato
2 chiodi di garofano
1 pezzetto di zenzero fresco
1 punta di coltello di noce moscata
Unire tutti gli ingredienti al vino e portare ad ebollizione dolcemente.
Far sobbollire per altri 5 minuti.
Filtrare e servire molto caldo.



Un ringraziamento doveroso alla mia modella Manu, collaboratrice perfetta, propositiva, instancabile e paziente.








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mercoledì 22 ottobre 2014

Caramel au beurre salé


Oltre a tantissime specialità golose, la Bretagna è famosa anche per i bonbon al caramello salato.
Nel 1343, Philippe VI , Re del Valois, mise una gabelle, una tassa sul sale che aveva l'importantissimo scopo, all'epoca, di conservare gli alimenti. Il burro d'abitudine salato, venne sostituito da quello neutro. La Bretagna era in realtà una zona più vicina al territorio francese perciò fu esentata dalla tassa e sviluppò, non solo la produzione di burro salato ma anche numerose preparazioni di pasticceria, mescolandolo al caramello classico.
Fu Henri Le Roux che mise a punto il caramello salato nel 1977 per poi brevettarlo con l'acronimo CBS e confezionando dei bonbon, oggi famosi in tutto il mondo.
E fin qui, son stata seria no?
Ora.
La ricetta è così semplice che quasi ti sembra assurdo non averci pensato prima di lui. Voglio dire: Henri ci ha messo 3 mesi di prove per sciogliere lo zucchero, unirci la panna e poi il burro in un paese dove esiste solo il trittico latte-panna-burro.
Tre mesi, capite?
E noi che la sera, apriamo il frigo vuoto e ci tiriamo fuori una cenetta con i fiocchi  in un paese dove tutto è tassato tranne il sale, che dovremmo dire? Dovremmo tutte diventar famose!
Ok, devo ammettere che il caramello salato è una delle cose più goduriose al mondo e che l'invenzione dei bonbon di Henri, diciamo, non è male.
La prossima volta però che dal nulla, da dispensa e frigo vuoti, riuscite a farne un pranzo per 4 persone, brevettatelo. 
Avrete il mio sostegno.


Le ricette per il caramello al burro salato sono tutte uguali visto che gli ingredienti devono obbligatoriamente essere 3. Ho notato però , gironzolando sul web, che alcuni invertono il procedimento. Ecco, no, non si fa.
Prima si scioglie lo zucchero, poi si unisce la panna e dopo il burro salato. Le dosi possono essere cambiate, così come le aggiunte di nocciole o frutta secca. Il resto lasciatelo come Henri lo inventò.

Per un vasetto Weck da 220g

150 g zucchero semolato
1 cucchiaio d'acqua
100 ml panna liquida
25 g burro salato

Tagliare il burro a cubetti e conservare in frigo (deve essere freddissimo).
In una casseruola fate sciogliere a fuoco dolce, lo zucchero con un cucchiaio di acqua. Inzuppare un pennello da cucina di acqua e pulite spesso i bordi interni della casseruola per non far cristallizzare lo zucchero.  Nel frattempo, a fuoco dolce, scaldare la panna.
Lo zucchero si scioglie, inizia a fare le bolle e poi si imbiondisce. A quel punto, versare la panna a filo, mescolando con la frustina. Appena il colore è omogeneo, versare il burro freddissimo e mescolare fino a farlo sciogliere. (Quello del burro freddo è un trucchetto di un gentile signore Bretone).
Il colore del vostro caramello dipenderà dai tempi di cottura. Attenzione a non farlo cuocere troppo quindi!
Se lo volete più denso, rimettetelo, dopo l'aggiunta del burro, sul fuoco. Come per tutte le marmellate e confetture, ricordatevi che una volta raffreddato, si addenserà, quindi se fate questa operazione, non lasciatelo sobbollire per più di un minuto!
Versatelo nel vasetto sterilizzato e lasciare raffreddare completamente. Sarà buono il giorno dopo.









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lunedì 18 agosto 2014

Confettura di pomodori e vaniglia

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Nella mia ignoranza (o nei miei sogni), mi immaginavo che nel 1492, una volta che l'ammiraglio Colombo e i suoi marinai sbarcarono nelle Indie, ops, Americhe, fossero stati invitati dagli indigeni a cenare con loro.
E visto che di pomodori, spezie e patate, noartri, non ne conoscevamo nemmeno il nome, mi immaginavo gli occhi sbalorditi degli Europei davanti a banchetti di pomodoro alla caprese, salsa di pomodoro, pomodori confit nonchè miliardi di patatine fritte. 
E invece no. 
A parte il fatto che gli indigeni, probabilmente non avevano nessuna intenzione averli come ospiti a cena ma  piuttosto averli come cena. 
Più che altro, non esisteva nessun banchetto con i pomodori, visto che, in America centrale, loro terra di origine, venivano considerati velenosi e venivano solo usati come decorazione.
'Sti indigeni avevano a casa la pummarola  bell'epronta e invece li usavano per addobbare i giardini. 
Da non crederci. 
Il pomodoro fa la sua comparsa come alimento, sulle tavole solamente dopo il 1700. Cioè 200 anni dopo la sua scoperta. 
E dove si scopre che il pomodoro è buonissimo in salsa con la pasta o strofinato nel pane? 
In Italia meridionale, dove grazie al clima, la pianta di pomodoro si era diffusa rapidamente e grazie alla fame, la povera gente si rese conto che tanto velenoso non era. 
E mentre in Francia venivano regalate le piantine del pomo alle dame e in Cile e in Perù lo usavano come centro tavola, in Italia i contadini e anche a corte, si mangiava pomodoro come se non ci fosse un domani.
Cosa sarebbe l'Italia senza pomodoro?
Iamme ia.





800 g pomodori (a grappolo o Cuore di bue)
400 g zucchero
1 bacca di vaniglia

Fate bollire l'acqua e tuffate i pomodori per qualche secondo i modo che la buccia si spacchi. Scolateli e fateli raffreddare. Sbucciateli, tagliateli in due, levate i semi e tagliateli a pezzi più piccoli. Fateli cuocere con lo zucchero e la bacca di vaniglia incisa per lungo. Farli sobbollire a fuoco dolce per circa 30 minuti. Per capire quando la confettura sia pronta affidatevi sempre alla prova del piattino: prelevarne un po' e metterlo su un piattino che inclinerete. Se la confettura scorre subito, non è ancora pronta, se scorre piano fermate il fuoco, è pronta! Se invece scorre molto piano o resta ferma, la confettura è compromessa...

Conservate la confettura in vasetti precedentemente sterilizzati.



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giovedì 14 agosto 2014

Melone in sciroppo




Magari non vi è chiaro il mio amore per il melone. 
Ve lo ribadisco.
Amolo.
Oggi una non-ricetta, una cosetta veloce e fresca e tanto tanto piacevole.
Qualcosa da offrire agli amici, alla vicina di casa, agli amici dei figli.
Qualcosa di chic che sostituisce un dessert o un alcolico.
Rinfresca e appaga il palato.
Si fa così:

1 melone cantalupo
250 ml acqua
3 stelle di anice
70 g zucchero
menta e semi di anice (facoltativo)

Pulite il melone e formate delle grosse biglie con l'aiuto dell'apposito attrezzo. Mettetele in una brocca e lasciate in frigo. In una casseruola portate a ebollizione l'acqua con lo zucchero e l'anice stellato. Lasciar sobbollire per 10 minuti a fuoco dolce. Togliere le stelle e fate ridurre lo sciroppo per altri 5 minuti circa. Il colore sarà caramellato. Lasciate raffreddare del tutto. Versare lo sciroppo nella brocca e aggiungere qualche cubetto di ghiaccio. Servire con menta tagliuzzata e semi di anice e decorate con quello stellato.

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martedì 3 dicembre 2013

Peanuts butter


Il burro di arachidi, usatissimo in America e nella cucina africana, non è altro che la nocciolina che spremendola, frullandola, impastandola, lascia i suoi oli naturali e crea questa crema spalmabile. L'ho assaggiata da un vasetto confezionato tanti anni fa e non mi era proprio piaciuta.  Ho scoperto in seguito che si può benissimo fare a casa con poca fatica.

Ci ho provato più per spirito di esperienza che per gola. Non l'avrei mai postata se il risultato non fosse stato ottimo. Sarà che ogni scarrafone è bello a mamma soja ma me la sono mangiata senza nessun rimorso. Così un cucchiaino qua, un cucchiaino là, ho capito che forse (forse eh) i conservanti rovinano diverse cose. Nei barattoli confezionati, è d'obbligo il conservante che altera i sapori che vengono equilibrati da altri aromi artificiali. Magari è proprio quello il gusto che cercano gli americani e forse mi sputeranno in un occhio dopo aver visto questo post, però secondo me, provare ne vale la pena perché stavolta sapete cosa c'è dentro.



160 g noccioline già sbucciate
1 cucchiaino miele
1 pizzico di fleur de sel
1 cucchiaio olio di semi

Tostare le noccioline in un tegamino senza condimento. Frullarle per 10 min, fino ad ottenere prima una polvere poi una pasta. Unire il miele, il sale e  l'olio a filo, mentre sta frullando. Io credo di aver messo anche meno di un cucchiaio. L'olio serve solo a fluidificare la crema. Se si abbonda risulterà troppo liquida, quindi fate attenzione.
Porre nel vasetto e lasciar riposare in frigo la notte. 

Si conserva un mese in frigo, una settimana a temperatura ambiente.
Per una crema "crunchy" come la mia, basterà aggiungere un po' di noccioline tritate grossolanamente al composto


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martedì 26 novembre 2013

Nutella bianca





Il bianco è il colore della purezza, della verginità, dell'elevazione dell'anima. E' il colore dei medici, degli infermieri e dei cuochi per indicare pulizia. 
Ci sposiamo in bianco, vogliamo i denti bianchi poi quando arriva il capello bianco siamo a brontolare.
Ecco, io non ne ho. Sono arrivata a 40 anni senza capelli bianchi. Ho le tette mocio Vileda, il culo floscio, le zampette di gallina e l'artrosi ma zero capelli bianchi. 
Son soddisfazioni.
Per chi invece avesse i capelli bianchi, ricordo che il bianco (inteso come luce) non è considerato un colore, ma la somma di tutti i colori. Vale a dire, la somma di tutte le conoscenze, le esperienze e dolori. La somma di notti insonni, di giornate di sole, l'unione di amori, di scoperte e di soddisfazioni tutte concentrate in fili di capelli. Quando vi spazzolate, state ripassando i momenti della vostra vita, dove avete certamente lasciato un'impronta di colore.
Se poi volete anche mezzo chilo di cellulite, dovete solo chiedere:



Ricetta di Corinne Jausserand



200 g cioccolato bianco
150 ml latte condensato
50 ml panna liquida

Far sciogliere il cioccolato bianco a bagnomaria e una volta sciolto, versare il latte unito con la panna che devono essere a temperatura ambiente. Rimescolare energicamente fino a che sarà omogeneo. Versare nei vasetti (me ne sono venuti due come quelli della foto, un po' più grandi di un vasetto classico di yogurt.
Lasciar raffreddare. Consumare entro 6/7 giorni. 

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lunedì 16 settembre 2013

Smoothies more, banana e lamponi



Ebbene sì, ho fatto anche io uno smoothies. Nella sua trappola ci son caduta anch'io, avanti il prossimo, gli lascio il posto mio. 

Dopo averlo visto svariate volte sul web , altrettante sugli scaffali dei super, mi sono convinta ad assaggiarlo e già al primo sorso mi son fatta una domanda:

ma la differenza con il frullato qual è?
Credo che tutti gli italiani, assaggiandolo, si siano fatti questa domanda. Mi  sono informata e ne so quanto prima.
C'è una gran confusione (sarà perchè ti amo), intorno a quello che è frullato, frappè, milkshake, smooties, centrifugati e succhi di frutta.
Vediamo di analizzare la cosa.

Frullato: frutta o verdura frullata da sola o con acqua o ghiaccio o yogurt o latte.

Frappè:  frutta o aromi (cacao, menta) frullati con ghiaccio, zucchero e latte.

Milkshake: termine inglese per indicare il frappè.

Centrifugati:  con la centrifuga si separano la polpa dalla buccia di frutta o verdura e non si aggiunge nient'altro.

Succhi di frutta: concentrato della polpa della frutta con l'aggiunta di zuccheri.

Smoothies: frutta fresca o congelata, frullata con zucchero yogurt e ghiaccio.

Come vedete la differenza è minima e a volte ho la sensazione che ci stanno prendendo per il cucuzzolo della banana.
E credo che sia un po' colpa di questa forzata globalizzazione sui nomi. 
Fingerfood, buffet, escargots, consommè, wraps e smoothies. Che siccome i nomi son diversi, si deve trovare per forza una differenza nella preparazione.
Io me lo sono fatta in casa e in confronto a quello comprato, il mio era molto ma molto più buono.
L'ho fatto banana e lamponi (chi c'era con te) e siccome l'estate sta finendo (e un anno se ne va) ho aggiunto anche le more.
Viene denso come uno yogurt da bere (frullato), se lo volete più liquido basterà aggiungere del latte (milkshake).
Vi ho confuso ulteriormente, lo so. 
Fatevi uno zabaione che quello è uguale e unico in tutto il mondo.

Scherzi a parte, il mio smoothie, mi ha sostituito il pranzo e mi ha caricato di vitamine.
Ho letto che si può conservare 2/3 giorni in frigo ma credo che berlo subito sia meglio. Ho aggiunto la banana perché gli dona una texture più vellutata.
Ringrazio Cocciante, i Ricchi e Poveri, Morandi e i Righeira per avermi sostenuto nella stesura del post.



Per 1 litro e poco più di smoothie

250 g di lamponi
250 g di more
1 banana
3 cucchiai di zucchero
3  yogurt (io li ho presi alla vaniglia)
12 cubetti di ghiaccio

Lavare i frutti rossi. Mettere nel frullatore le more, i lamponi , la banana tagliata a rondelle, lo zucchero, gli yogurt e i cubetti di ghiaccio. Frullare bene, servire subito e cerca di essere un tenero amante.




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lunedì 9 settembre 2013

Pesche al vino


I pomeriggi d'estate, negli anni '70, mia mamma chiamava dalla terrazza me e le mie amiche per far merenda. C'era il pane con la tavoletta di cioccolata o il pane strusciato di pomodoro condito con sale e olio oppure la macedonia di fragole.

In qualche cassetto della memoria era rimasto il ricordo di questa macedonia che dava un po' alla testa: pesche con il vino. Aveva un gusto dolce di frutta matura e anche il gusto proibito di bere del vino ma con il permesso di mamma.
Oggi forse a casa dei miei, avrebbero mandato i servizi sociali, ma all'epoca era una merenda come le altre e vi giuro che nessuno ci è morto.
La ripropongo più per tenerezza che per condivisione.



Per 4 bicchieri/coppette

4 pesche bianche
8/10 cucchiaini di zucchero semolato
vino rosso


Preparazione
Tagliare le pesche a tocchetti, metterle in una ciotola capiente e aggiungere il vino e lo zucchero. Far insaporire una mezz'oretta e servire nei bicchieri.

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sabato 3 agosto 2013

Carpaccio di melone con vinaigrette agli agrumi



Forse lo dico in un post si e uno no, ma ho fatto un corso di spezie e me ne vanto. E' stato molto interessante per me perché le uso spessissimo nei miei piatti. Non sapevo dell'esistenza di sapori e profumi così intensi. Ci sono dei semi che ricordano la noce moscata, altri il sandalo. Esistono varietà numerose di pepe e uno mi ha colpito in particolar modo è il pepe della Tasmania. Quando lo schiacci con i denti, senti un sapore di pepe comune. Dopo circa 6 secondi, il sapore esplode letteralmente in bocca, intensissimo di peperoncino, così forte che ti va a fuoco il volto.E' stato al corso che mi sono fatta, pestando al mortaio  18 spezie diverse, il mio curry personale.
E' stato al corso che ho potuto assaggiare un dessert fatto con ananas, condito con il suo succo e una abbondante macinata di pepe di Sichuan.
Oggi vi propongo un carpaccio di melone, condito con olio, salato con la soja e con una nota speziata che vi sorprenderà.
Se vi è piaciuto il mio melone in coppa, neanche questo potrà deludervi.

Siate curiosi!!

Per 2 persone

 1 melone
1/2 arancia
1/2 lime
1 cucchiaino di salsa di soja
1 cucchaio olio
pepe nero in grani

Tagliare il melone in due, svuotarlo dai semi, taglialo a fette e togliere la buccia. Tagliare ogni fetta in fettine fini e sistemarle in due piattini. Pestare il pepe con il batticarne. Emulsionare la salsina unendo olio, salsa di soja, limone e arancia. Condire il melone nei piatti e lasciare in frigo, coperti da pellicola per 15 min. Completare con il pepe e servire subito.
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domenica 7 luglio 2013

Il the all'araba e...vento del deserto



A 20 anni era una bella ragazza con i capelli ricci e gli occhi orientali. 
Le mani sempre curate, il fisico longilineo e un'altezza penalizzata da un'andatura claudicante.
Un problema all'anca dalla nascita la faceva zoppicare e contribuì a renderla più fragile e insicura.
Aveva paura.
Aveva paura di cadere dalle scale, paura di cadere nella vita. 
Si convinse così tanto della sua paura che qualche decennio dopo, fu la paura a cercare lei.
Abitava con la sua famiglia, in una grande casa a Sharia el Srim non lontano dal mare, circondata da sabbia fine e profumi intensi di spezie arabe.
A 40° all'ombra non è facile essere attivi ma lei c'era nata in Africa e non l'avrebbe cambiata per nessun altro posto al mondo. Amava i fiori del suo giardino, il vento che muoveva le grandi foglie delle palme e dare la caccia agli scorpioni sui muri roventi della casa.
Il pomeriggio chiusa in cucina al riparo dalla calura, preparava il the alla maniera araba. Quello con la menta e le noccioline tostate.
Faceva bollire 3 tazze di acqua con un cucchiaino di the nero in foglie per 1 ora senza farlo mai arrivare ad ebollizione.
Sbucciava le noccioline fresche, le faceva tostare, le trasferiva in un panno e gli toglieva la sottile pellicina rossastra.
In un altro pentolino versava 3 cucchiai  di zucchero e lo scioglieva a fuoco vivace per ottenere un caramello ambrato.
Versava il the bollente filtrato sul caramello e girava bene. Faceva cuocere il the, a fiamma bassissima per altri 20 minuti, questa volta con le foglie di menta. Lo travasava nella caraffa di latta verniciata e lo versava nei bicchieri di vetro facendolo cadere dall'alto, in modo da far formare una schiumetta bianca. Ripeteva questa operazione un paio di volte, ci univa le noccioline e si sedeva con gli altri.
Girava la bevanda, facendo risuonare il cucchiaino nei bordi del bicchiere e non immaginava che di là a poco si sarebbe sposata e avrebbe dato alla luce un figlio. 
Non immaginava nemmeno che avrebbe dovuto abbandonare il suo mondo, la sua bella casa, il suo giardino di Tripoli per la sconosciuta Italia.
A detta dei politici doveva essere il suo paese d'origine ma lei non la sentiva sua quella terra e negli anni il suo sentimento non cambiò.
Lei e 20.000 persone vennero cacciate dalla Libya perché non erano arabe. 
E in Italia non vennero considerati italiani perché erano nati in Africa. 
Non c'era una terra di mezzo per loro ma solo un nome: profughi.
I tripolini; perduti in una  nebbia che non avevano mai visto, con i loro beni confiscati e una patria incapace di accoglierli.
Bevendo il the caldo, non immaginava quanto un giorno, le sarebbe mancato l'odore di quel mare che aveva tutti i colori del mondo. 
E la sabbia del deserto che, quando il Ghibli soffiava, si infiltrava dentro le credenze e si posava sopra i piatti della Domenica.
Non immaginava quanto le sarebbe mancato lo sguardo dolce di Kira che scodinzolando la seguiva intralciando il suo cammino, facendole perdere un equilibrio già precario. 
In quella casa ci ha lasciato gli oggetti di una vita, i profumi dell'infanzia e gli occhi del suo amato cane, che non poté portare con sé.
Si portò le rose del deserto, la cous-coussiera e le stoffe arabe illudendosi di poter rivivere ogni giorno un pezzo d'Africa.
Non immaginava, quando in Italia per la prima volta vide scendere la neve, che potessero mancarle tanto il sole africano e il gusto dei datteri dolci. Le angurie con quei semi neri e giganti, le macchie delle curcuma sulle dita e la semola comprata al suk.
Sorseggiava il the e fino a 70 anni avrebbe continuato a prepararlo con gli stessi flemmatici gesti, nonostante il tremore delle mani.
Ma sopra di tutto non poteva immaginare che questa calda ma rinfrescante bevanda potesse un giorno essere aperta agli occhi del mondo tramite web. 
Tramite il blog di cucina di quella nipote che tanto le somigliava.
Questa angolo è dedicato a te nonna, 
che facevi colare il miele sopra i dolcetti, 
che mi chiamavi "mani di ricotta".

Questo non vuole essere un post di polemica per quello che è successo.
E' solo un post d'amore. 
Ho vissuto Tripoli attraverso i miei nonni e i miei genitori. A casa mia tutto è legame con l'Africa. 
Il couscous non è un piatto etnico ma un sapore sacro, l'harissa e il tabbouleth non sono ricette ma sensazioni. 
Le dosi e il procedimento per il shai, il the arabo è incastrato nel racconto. So che nessuno proverà  a rifarlo ma chi fosse interessato dovrà rileggersi il post per estrapolare la ricetta. 
E questo è il mio obiettivo. 
Se hai voglia di preparare questo the, devi anche aver voglia di scoprire quello che c'è dietro.





!Note tecniche:
Mia nonna comprava le noccioline fresche alle quali per togliere la pellicina era necessario tostarle. Oggi si trovano solo quelle tostate perciò basterà sbucciarle e tostarle qualche minuto su un padellino senza condimento.
Ho letto molte ricette sul the marocchino e il procedimento è diverso da quello "tripolino". Credo di poter affermare che si tratti di un altro tipo di bevanda.
Ho sentito da qualche parte che questo the è ottimo contro la peluria superflua. 
Lo bevo da 40 anni e posso assicurarvi che non c'è niente di vero!

Grazie per aver letto fino a qui.
 


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giovedì 4 luglio 2013

Formaggio homemade


 Dopo la mia esperienza con il burro homemade, mi sono data alla cucina lattiera, infatti il consorzio del Grana Padano sta iniziando  a tremare ma li tranquillizzerò dicendo che questa è la mia ultima esperienza.
Si, perché dopo le prime grida di gioia che mi porta la soddisfazione di fare qualcosa con le mie manine e dopo le esultanze al primo assaggio che ho accompagnato con frasi del tipo:
 "Ma è più buono di quello comprato-molto più sano-sai cosa mangi", 
ecco, dopo le frasi del caso, ci ho dormito una notte e ho calcolato che per farlo ho speso tre volte tanto,  ci ho messo del tempo e per di più non so nemmeno come chiamarlo...


 Il colore è quello della ricotta, il sapore è quello del primo sale.

Ma non è né l'una né l'altro.

Attendo delucidazioni dai più esperti, almeno per battezzarlo e dargli un nome degno.

Se poi vi ho messo curiosità vi faccio scivolare velocemente la ricetta:

2 litri di latte fresco
2 limoni
1 cucchiaino raso di sale

Spremere i limoni.
Versare il latte in una casseruola alta e capiente.
 Portare il latte quasi all'ebollizione, togliere dal fuoco e versarci il succo dei limoni. Nel giro di 15 secondi inizierà a coagularsi.
Mescolare per circa 1 minuto, rimettere sul fuoco e portare nuovamente ad ebollizione.
Togliere dal fuoco e lasciare che si depositi la parte grassa nel fondo.
Sistemare un telo di lino bianco sopra uno scolapasta. Versarci la fondata di formaggio cercando di evitare la parte acquosa e salare.
Lasciar scolare il più possibile e poi iniziare  a strizzare il panno come una caramella, in modo da asciugare del tutto il formaggio.
Metterlo in forma e lasciare in frigo qualche ora. Sformarlo,
condirlo con olio sale e pepe oppure miele e nocciole.
!Da due litri di latte ho ottenuto due ricottine da 100g. Le forme le ho recuperate dalla confezione di ricotte di una famosa marca in vendita nei supermercati.


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domenica 12 maggio 2013

Aglio aromatizzato sott'olio




Per chi non lo conoscesse, l'aglio aromatizzato è ottimo come aperitivo, speluzzicato con un stecchino, al posto di patatine fritte e noccioline.
Lo sbiancamento in acqua bollente lo priva dell'odore caratteristico, lo rende digeribile e gli aromi ne esaltano la bontà.
Possono esssere usati anche accanto a carni, arrosti o si può utilizzare l'olio per i condimenti.

Quantità approssimative

4 teste d'aglio fresco bianco
olio
alloro secco in foglia
pepe nero in grani
ginepro
timo o maggiorana freschi

Sbucciare l'aglio e poi ogni singolo spicchio privandolo dalla pellicina trasparente. Man mano, riempire il vasetto  che servirà per dosare la quantità.
Far bollire l'acqua e versare gli spicchi tutti in una volta. Contare 1 minuto dalla ripresa del bollore e scolare. Il tempo di sbiancamento pregiudica la croccantezza. Se si preferiscono più morbidi, si arriverà a due minuti di cottura.
 Strofinarli con un panno in lino (non di cotone!). Eventuali pellicine verranno fuori durante la cottura o lo strofinamento.
Riempire il vasetto di aglio intervallandolo con le foglie di alloro e gli altri aromi. Riempire di olio, chiudere molto bene, rovesciare il vasetto e tenerlo in frigo a maturare per 2 mesi prima di gustarlo.
Io ho aggiunto anche il ginepro, più per il colore che per il sapore.
Volendo si possono unire l'origano, il prezzemolo o comuqnue tutte le erbe aromatiche che si preferiscono. 
Se avete le foglie fresche di alloro, basterà lasciarle in forno a 150° per seccarle.
Inutile dire che il vasetto e il tappo devono essere sterilizzati e che se usate un vasetto già usato, il tappo va sostituito con un nuovo.
Tenuto in frigo, l'olio solidifica. E' normale, anzi, vuol dire che è olio buono. Se non volete questo effetto e la scocciatura di dover tirar fuori il barattolo dal frigo, ogni volta prima di servirlo, potete usare l'olio di semi, ma la differenza di sapore è netta.

I barattoli: 

- sono preferibili quelli con tappo a chiusura ermetica.
- devono essere ben lavati e perfettamente asciutti.
- la conservazione deve essere in un luogo asciutto, evitare posti all’aperto o umidi.

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